STORIA | SOCI | INIZIATIVE | STATUTO | REGOLAMENTO | archivio selvaggi |
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BIOGRAFIE
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Pasquale Candela, figlio di Francesco e di Margherita Ruggiero, sammarchesi, residenti in via della Giudeca, nacque in Napoli il 28 novembre 1825 e morì in S. Marco Argentano il 21 ottobre 1896. Studiò nel seminario diocesano di S. Marco. Divenuto sacerdote si laureò poco dopo all'università di Napoli in Lettere classiche. Insegnò nei seminari di S. Marco, Bisignano e nel liceo di Cassano Ionio. Fu nominato direttore del Seminario di S. Marco nel 1887. Insegnò successivamente nel ginnasio “Garopoli” di Corigliano. Nel 1889 si recò ad insegnare nel seminario di Montecassino e successivamente nelle classi superiori dei licei di Trapani e Santa Maria Capua Vetere. Nel 1894 Candela fu nominato socio dell'Accademia Cosentina. Fu collega ed amico di illustri personaggi quali Vincenzo Padula, Raffaele Rocco, Ferdinando Balsano, Salvatore Cristofaro, Pasquale Viola, Vincenzo Julia. Fu educatore di tre generazioni. Scrisse varie opere, tra le quali numerose poesie in lingua italiana e latina, discorsi e saggi critici, tra cui quello sulla vita e le opere di Vincenzo Selvaggi e una profonda e celebre analisi critica sul dramma inedito “Il Barone di Vallescura” dello stesso autore. Il comune di S. Marco gli ha dedicato una via e nel 1990 gli è stato intitolato l'attuale liceo classico. |
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Nella numerosa schiera dei grandi sammarchesi Salvatore Cristofaro occupa un posto di notevole rilievo. Egli nacque in San Marco Argentano il 26 settembre 1827 da Michele e da Maria Gaetana Scornajenchi. Visse la sua fanciullezza nella ridente campagna di Piparo. All'età di undici anni, assieme al fratello maggiore, entrò nel seminario diocesano che godeva in quel tempo di grande prestigio sia per la serietà degli studi che per la autorevolezza di illustri maestri che ivi insegnavano. Si distinse presto il Cristofaro insieme a Pasquale Candela ed altri intelligenti giovani, al punto che il vescovo dell'epoca, mons. Mariano Marsico, gli concesse il posto gratuito nel collegio diocesano. Più tardi, ancora studente in seminario, fondò egli un giornale manoscritto dal titolo "LA GHIRLANDA", sul quale non disdegnavano di scrivere anche il prof. Leopoldo Pagano, il prof. Stefano Paladino e il poeta Vincenzo Selvaggi, docenti allora in quel collegio. In quei tempi tristi e calamitosi ferveva nella gioventù colta calabrese l'ideale di libertà e d'indipendenza per cui, sia nella classe studentesca che in quella dei professori il doloroso problema della causa nazionale era fortemente sentito e affrontato con ardente impegno come primaria aspirazione della propria esistenza. Dopo l'ordinazione sacerdotale, iniziò il Cristofaro la missione di educatore e di docente in quel prestigioso collegio in cui si era formato,emulando degnamente quei grandi maestri e letterati che da poco lo avevano preceduto. Si impegnò, inoltre, in opere di pietà e di religione: infatti si prodigò in prima fila nel soccorso e nell'assistenza ai malati di colera, vittime della terribile pestilenza del 1855 e sua fu l'iniziativa di realizzare la costruzione della chiesetta dei SS. Martiri Argentanesi nella zona detta "luogo Santo". Fu teologo Laureato, Cantore e Penitenziere e più volte Rettore nel Seminario Diocesano,ove aveva insegnato discipline sacre ed umanistiche. Venne nominato Presidente dell'Accademia di eloquenza sacra fondata da mons. De Luca e Segretario di quella di S. Tommaso d'Aquino fondata da mons. Pistocchi e dal prof. Pasquale Candela; fu membro emerito dell'Accademia Cosentina. Esercitò l'attività di docente presso nobili e cospicue famiglie tra le quali quella del marchese Berlingieri, ove svolse la sua attività di aio e maestro per sei anni. Tornato a San Marco fondò, dopo la chiusura del seminario, con l'ausilio del comune e di alcuni privati, un Istituto di educazione, che ebbe poco durata per lo scarso numero di allievi. Divenne molti anni più tardi un tenace promotore della fabbrica del nuovo monastero delle Clarisse, dopo la definitiva confisca dell'antico palazzo S. Chiara per ordine governativo, ma l'esiguità dei fondi e lo scarso interesse del comitato non gli permisero di veder realizzata l'opera, che rimase per sempre incompiuta. Ritornò poi come Rettore in Seminario, dopo la riapertura dello stesso negli anni ottanta, nel qual periodo, insieme all'Arcidiacono Vincenzo Campagna e al vescovo mons. Antonio Pistocchi, prese l'iniziativa a risolvere la causa del demanio per il fondo di S. Opoli, e rimase il maestro per eccellenza alla cui scuola attinsero le ricchezze della cultura ben tre generazioni. Amico e discepolo di Vincenzo Selvaggi, il Cristofaro seppe mirabilmente apprendere da costui il sentimento verso la patria e la passione per le lettere. In Seminario, all'epoca in cui Cristofaro era studente, aveva le mansioni di Rettore il prete greco prof. Dores, che, insieme al prof. Stefano Paladini, al prof. V. Pagano e al giovane docente Vincenzo Selvaggi, mirava, con un fervido sentimento di patriottismo, a diffondere nei giovani lo spirito dei nuovi tempi che si andava manifestando in tutto il Meridione. Vincenzo Selvaggi e Domenico Mauro erano legati da fraterna amicizia e spesso si incontravano, assieme ad altri intellettuali calabresi, a Napoli, abitualmente al "Caffé d' Italia", già "Caffè Buono", nella famosa via Toledo, oggi via Roma, dove si riunivano anche i liberali dell'ex Regno delle Due Sicilie. In questo luogo si concordavano gli articoli politico-culturali che dovevano essere pubblicati sul "VIAGGIATORE", periodico di arte e letteratura, fondato da Domenico Mauro e diffuso tra i patrioti meridionali, soppresso più tardi dalla censura borbonica al suo decimo numero. Giuseppe Mazzini stava progettando l'insurrezione delle Romane che doveva esplodere nel luglio del 1843 e dilagare in tutta Italia. Per il distretto di Cosenza ebbero dagli emissari mazziniani il mandato di farlo insorgere: Domenico Mauro per i paesi italiani ed albanesi al di là del Crati e Vincenzo Selvaggi per i paesi italiani ed albanesi al di qua del Crati: il Cristofaro, sebbene giovanissimo, offrì la sua adesione con entusiasmo, vivificata, inoltre, dalle memorie del padre, che fu un ardente carbonaro del 1820. Pietro De Roberto da Cosenza prese accordi con Domenico Mauro e Vincenzo Selvaggi per la data dell'insurrezione, poi insieme con Commodeca Raffaele, col poeta Giuseppe Petrassi di Cerzeto, Posteraro di Cavallerizzo ed altri si riunirono, costoro in un vasto castagneto dei nostri monti. Ma, nonostante la mirabile organizzazione, la rivolta fallì per l'indugio degli albanesi di S. Benedetto Ullano per cui vi persero la vita oltre a tanti altri giovani insorti, il Barone Galluppi ed un tal Corigliano. Poco dopo anche i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, giunti troppo tardi in soccorso degli insorti calabresi, furono arrestati e fucilati con altri patrioti calabri, nel Vallone di Rovito a Cosenza, nel luglio del 1844. Vincenzo Selvaggi, già schedato dalla polizia borbonica, fu subito nominato dal vescovo mons. Mariano Marsico, che ne ammirava le fulgenti doti dottrinarie, a professore di discipline umanistiche nel Seminario Diocesano di San Marco e dai suoi insegnamenti uscirono letterati, patrioti e uomini di valore tra i quali Pasquale Candela, Ferdinando Balsano, Angelo Damis,valoroso generale dell'esercito nazionale, e Salvatore Cristofaro. Durante la solenne commemorazione di Gian Vincenzo Gravina a Roggiano,il Cristofaro, insieme a Ferdinando Balsano e a Saverio Albi, il celebre autore dell'Anticristo,incontrò il pittore roggianese Angelo Mazzia, vecchio compagno di studi, venuto da poco da Napoli, dal quale fu informato sui nuovi movimenti liberali, che fervevano in quella città e le aspirazioni che quei patrioti riponevano nel papa Pio IX, per cui il Cristofaro s'impegnò a costituire,insieme a Giacomo Campolongo ed altri suoi coetanei intellettuali,un giornaletto dal titolo "IL CANNOCCHIALE". Dopo l'insurrezione del 1848 il Cristofaro incontrò l'amico e poeta Biagio Miraglia da Strongoli (Costui era già stato anni fa in S. Marco in quel seminario, come esimio poeta e fecondo improvvisatore,con cui, successivamente, continuò i rapporti di amicizia mediante una ricca corrispondenza epistolare) e insieme con questi infervorava i giovani patrioti alla partenza pei campi di Cammarata e di Maida. Il sentimento patrio era da lui profondamente sentito al punto tale ' si narra ' che pieno di entusiasmo, con una spada in mano, esultando in compagnia di altri patrioti, tra cui il poeta Giuseppe Petrassi di Cerzeto (autore costui di un celebre proclama d'insurrezione, rivolto ai Calabresi) andò incontro al generale Mileti, che veniva in S. Marco con Pacchioni, uno dei compagni degli sfortunati fratelli Bandiera. Fallita l'insurrezione egli ebbe a patire molte persecuzioni da parte della polizia borbonica. Subì, inoltre, un pesante processo per aver egli ospitato in casa sua, Agesilao Milano, giunto in S. Marco per un' udienza spirituale col vescovo mons. Livio Parlatore. Fu pertanto il Cristofaro implicato nel processo dei "Quaranta" con l'imputazione di regicidio. Ma il Cristofaro, grazie anche all'intervento del ministro Bianchini, fu alla fine prosciolto con la famosa dicitura assolutiva "non consta". Ma giunto il 1860, all'alba della tanto sospirata unità nazionale, si ebbe finalmente la possibilità di potere agire con meno timori e maggiore libertà d'azione : Immediatamente il Cristofaro ebbe la presidenza del Comitato insurrezionale fin dal 1859 e subito, con i sigg., Pasquale Romita, Giacomo Campolongo, Carlo Cristofaro, Angelo e Carlo Selvaggi, Francesco ed Alfonso Amodei, si mise in contatto con i comitati di Fagnano e paesi albanesi fino a Lattarico, per cui durante il passaggio di Garibaldi da Cosenza a Castrovillari, mobilitò una schiera di cento giovani armati quali sotto il comando di Carlo Selvaggi diretti alle Crocette di S. Fili, quali sotto il comando di Giacomo Campolongo e altri sotto le direttive di Angelo Selvaggi, furono fatti partire alla volta di Napoli per congiungersi all'esercito garibaldino: Tra questi giovani patrioti vi fu il prof. Francesco Cimenti, poeta satirico dialettale sammarchese, Francesco Fera, Alfonso De Pasquale, Costantino Martino, Giuseppe Trotta, Giuseppe La Regina e tanti altri. Fu il Cristofaro uomo di vasta e straordinaria cultura, per cui ebbe relazioni di sincera amicizia con molti illustri personaggi, tra i quali, oltre al compaesano Vincenzo Selvaggi suo maestro ed amico,, Domenico Mauro, Vincenzo Padula, Vincenzo Julia, Biagio Miraglia, Pasquale Candela, Raffaele Rocco, Pietro Giannone, Vincenzo Baffi, Ferdinando Balsano,, Gaetano Cantisani, Saverio Albi, Angelo, Mazzia, Stefano Paladini, il celebre critico e letterato Francesco De Sanctis ed altri innumerevoli splendidi ingegni italiani e calabresi di grande statura intellettuale e sociale. Il grande critico irpino, Francesco De Sanctis, all'epoca del suo esilio in Calabria, ospite come precettore in casa del barone Guzzolini, in Cervicali,, trascorse questo volontario esilio in compagnia assidua del Cristofaro, ch'egli definiva, con amichevole simpatia, "l'Abate giobertiano". Innumerevoli furono le corrispondenze epistolari del Cristofaro con Padula, Mauro, Miraglia, Giannone, per citarne alcune, e preziose ed interessanti alcune scambiate col De Sanctis, quando questi fu ministro della Pubblica Istruzione, a Torino, nel primo governo del Regno d'Italia, una delle due riguardava l'interesse del grande critico ad avere copia delle opere del Selvaggi. Il Cristofaro si spense nel 1912 alla veneranda età di ottantacinque anni, lasciando ai posteri il grande patrimonio culturale delle sue opere letterarie e il nobile esempio, di una vita intensamente vissuta per la patria, per la cultura, per la religione e per il prossimo. La città di S. Marco, di cui scrisse l'ammirevole Cronistoria, gli ha dedicato una via e lo annovera, con stima e gratitudine, tra i suoi cittadini più illustri. |